venerdì, 29, Marzo 2024

Il condominio può cedere il credito a terzi vantato nei confronti di un condomino moroso

Nel caso in cui alcuni condòmini non adempiano al pagamento degli oneri condominiali, al fine di recuperare i crediti vantati dal condominio quasi sempre l’ amministratore conferisce il mandato ad un legale affinché questi proceda mediante ricorso per decreto ingiuntivo. Infatti, l’ art. 63 delle disp. att. del c.c. dispone “Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condòmini morosi.”.

Recupero crediti condominiali: soluzioni alternative

Sebbene l’azione legale sembri la soluzione più immediata per ottenere il pagamento dei crediti vantati dal condominio, essa non è l’ unica. Infatti, l’art. 1260 c.c. prevede che “Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge.”.

La norma dispone la cessione di qualsiasi credito che non sia strettamente personale o vietato dalla legge. Il credito è strettamente personale quando, è relativo a prestazioni rispetto alle quali assume rilievo la persona del creditore. Non cedibile – perché vietato dalla legge – il credito legato a  soggetti determinati o a cause specifiche. Più precisamente non è possibile cedere il credito vantato nei confronti di PA derivante da appalti, forniture o somministrazioni previo consenso della Pubblica amministrazione ceduta. Né, infine, è possibile per gli operatori della giustizia cedere diritti per i quali è in corso una lite davanti all’autorità giudiziaria di cui fanno parte o nella cui giurisdizione esercitano le loro funzioni.

Alla luce delle eccezioni menzionate appare evidente, dunque, che anche il condominio può, in alternativa all’ azione giudiziaria, procedere alla cessione del credito.

L’amministratore, dunque, potrà cedere il credito ad un terzo senza il consenso del debitore che, tuttavia, dovrà essere preventivamente informato.

Modalità di cessione del credito condominiale

Occorre comprendere se l’ amministratore che cede il credito debba soltanto informare l’ assemblea delle proprie intenzioni ovvero se la proposta debba essere oggetto di apposita delibera.

Vi è da dire che la cessione del credito – dopo che il terzo ha valutato la “qualità” del credito – consente al condominio di rientrare immediatamente delle somme di cui è creditore rinunciando però ad una parte delle stesse.

Ipotizzando quindi che un condomino sia moroso per un importo pari ad € 2.000,00 il condominio potrà cedere detto credito ad un soggetto terzo per un importo pari ad € 1.800,00. Il condominio quindi, a fronte di un credito pari ad € 2.000,00 decide di incassare subito l’80% del credito piuttosto che intraprendere una  lunga e certamente più costosa azione giudiziaria.

Atteso che, in caso di cessione del credito, il Condominio rinuncia ad una parte di esso è assolutamente necessario che l’ operazione di cessione sia approvata dall’assemblea.

Poiché l’ istituto della cessione produce gli stessi effetti della transazione, la delibera dell’assemblea richiederà il medesimo quorum. Al riguardo si rammenta che l’art. 1136, comma 4, c.c. dispone che “Le deliberazioni che concernono le liti attive e passive … devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo” e precisamente, la maggioranza degli intervenuti, che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio.

Sul punto, per mera completezza, si segnala la pronunzia della Cassazione secondo cui, ai sensi dell’art. 1135 c.c., l’assemblea può deliberare a maggioranza su tutto ciò che riguarda le spese d’interesse comune e, quindi, anche sulle transazioni che a tali spese afferiscano. (Cass. n. 1234/2016;  Cass. n. 821/2014; Cass. n. 4258/2006).

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